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27 GENNAIO – GIORNO DELLA MEMORIA 2023

Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale, celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata per commemorare le vittime dell’Olocausto. È stato così designato dalla risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005. Si è stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.

Il gruppo cultura di Auser Bologna propone per celebrare questa giornata: una testimonianza attraverso l’intervista a Edith Grosman e alcuni consigli di lettura rivolti ai bambini e agli adolescenti: per la qualità dei testi potranno essere letti con interesse anche dagli adulti.

 

L’intervista a Edith Grosman è stata pubblicata dal National Geographic il 27 gennaio 2020 e adattata per celebrare il Giorno della Memoria.

Tratto da: “Le 999 donne di Auschwitz” la vera storia mai raccontata delle prime deportate nel campo di concentramento nazista di Heather Dune Macadam, biografa dell’Olocausto, autrice pubblicata in tutto il mondo. Combatte attivamente contro la negazione dell’Olocausto e siede nel consiglio di amministrazione di Città della Pace: Auschwitz. Il suo impegno è stato riconosciuto dallo Yad Vashem nel Regno Unito e in Israele, dalla USC Shoah Foundation, dal Museo Nazionale di Storia Ebraica di Bratislava, Slovacchia, e dal Museo Panstowe di Auschwitz a Oswiecim, Polonia.

Perché il piano di Hitler di sterminare gli Ebrei attraverso i campi di lavoro forzato in Polonia iniziò proprio con 999 giovani donne? Il governo fascista voleva eliminare le fertili portatrici della prossima generazione di Ebrei, ma anche perché, secondo lo storico slovacco Pavol Mešťan, era più facile convincere le famiglie ad abbandonare le figlie che i figli. Inoltre, si credeva che le ragazze avrebbero poi portato le loro famiglie a seguirle nei campi di ricollocazione, dice Mešťan, dove gli Ebrei sarebbero stati “reinsediati” o “reinseriti”, eufemismi nazisti per l’uccisione.

 

“Una mattina ci siamo svegliate”, dice Edith, “e abbiamo visto un annuncio incollato sulle facciate delle case che recitava che tutte le ragazze ebree non sposate, dai 16 anni in su, sarebbero dovute andare a scuola il 20 marzo 1942 per lavoro”.

Edith fa una pausa, poi sospira profondamente al ricordo di quell’editto. “I miei genitori avevano due ragazze pronte per andare”. Sua madre, Hanna, si ribellò, ricorda Edith. “Disse: ‘È una cattiva legge!” Ma i funzionari della loro città, Humenné, avevano assicurato ai genitori preoccupati che le loro ragazze avrebbero lavorato come “volontarie a contratto” in una fabbrica per produrre stivali per le truppe. Così Hanna mise in borsa le misere cose delle sue figlie e le mandò fuori dalla porta per farle registrare come parte di questa nuova forza lavoro femminile. Funzionari e personale militare locale presiedettero al controllo, ma tra loro c’era un uomo in uniforme delle SS, lo Schutzstaffel (Squadra di protezione). “Ho pensato che fosse strana la presenza di una SS lì”, dice Edith.

Dopo che i loro nomi furono segnati, un dottore ordinò alle ragazze di spogliarsi per un controllo medico. Spogliarsi di fronte a strani uomini era inaudito, ma chi erano loro per mettere in discussione l’autorità? “Non è stato un vero esame”, scherza Edith. “Nessuno è stato respinto”.

I genitori si erano radunati fuori dalla scuola. L’ora di pranzo arrivò e passò, così ci si chiedeva perché ci volesse tutto questo tempo proprio di venerdì, quando le famiglie si stavano preparando per lo Shabbat, il sabato ebraico. Poi qualcuno notò che le guardie avevano fatto sgattaiolare le ragazze da un’uscita posteriore e le stavano spingendo verso la stazione ferroviaria. Così i genitori agitati le inseguirono, chiamando i nomi e chiedendo informazioni sulle destinazioni delle loro figlie. Nessuno rispose. Alla stazione, le ragazze furono caricate in carrozze senza nemmeno la possibilità di salutare i loro parenti.

A Poprad, a circa 120 chilometri a ovest di Humenné, Edith e le sue amiche scesero dal treno e furono spostate in una caserma vuota. La mattina dopo, le guardie maschili le misero al lavoro per pulire l’edificio. “Abbiamo pensato, forse è questo”, dice Edith. “Forse è questo il lavoro che dovremmo fare”. Poi arrivò un altro treno di giovani donne. E il giorno seguente arrivarono altri treni pieni di giovani donne ebree non sposate dalle regioni circostanti.

Cinque giorni dopo la partenza del gruppo di Edith, quasi un migliaio di ragazze erano arrivate a Poprad. Poi le guardie ordinarono loro di fare le valigie e, mentre passavano davanti alla caserma, videro allinearsi vagoni bestiame sui binari. “Stavamo piangendo”, dice Edith. “ed eravamo così spaventate!”

Edith dice che le guardie le picchiarono quando si rifiutarono di salire, fino a quando furono costrette a salire in quelle scatole umide e fetide. “Ero con mia sorella e le nostre amiche più care, volevamo stare insieme”, dice. “Non c’era niente dentro. Non c’era un secchio. Nemmeno l’acqua. Niente. Solo una piccola finestra”. Edith disegna un minuscolo rettangolo con le dita per mostrare quanto piccola fosse la finestra. “Ed era bloccata dall’esterno”.

Dopo ore di viaggio, nel cuore della notte, il treno si fermò al confine tra il Grande Reich germanico (ex Polonia) e la Slovacchia. Lì si concluse una transazione segreta tra i due governi, con gli Slovacchi che pagarono i nazisti 500 Reichsmarks (circa 230 euro di oggi) per ogni giovane donna presa come schiava. E così la prima spedizione ferroviaria ufficiale delle vittime della “soluzione finale” di Hitler si fece strada verso la punta sud-occidentale della Polonia.

Le guardie ordinarono a uomini in divisa a strisce di usare dei bastoni nello scacciare le donne dal treno. Dopo quasi 12 ore nel freddo vagone ferroviario, Edith e le altre lottarono per trascinare le loro cose attraverso i campi innevati verso quelle che un sopravvissuto descriveva come “scatole e luci tremolanti ”. Edith non immaginava che gli uomini con i bastoni fossero prigionieri, né sapeva che lo fosse anche lei, anche se si stupì della recinzione con filo spinato.

Mentre le ragazze entravano nel campo, Linda Reich, una delle sopravvissute, sussurrò a un’amica: “Questa deve essere la fabbrica dove andremo a lavorare”. La struttura, in realtà, era una camera a gas.

Durante i successivi tre anni, furono costruiti cinque forni crematori e camere a gas all’interno di un complesso di caserme che copriva quasi 40 chilometri quadrati. Anche se il campo non fu pienamente operativo fino a luglio, i nazisti avevano già altri modi per uccidere quelle giovani donne. Una dieta da fame di circa 600 calorie al giorno, combinata con lavoro straziante che includeva la demolizione di edifici e la pulizia delle paludi a mani nude, le consumava. “Le ragazze iniziavano a morire”, dice Edith.

“Alcune persone dicono che gli angeli hanno le ali”, la voce di Edith si fa dolce e pensierosa. “I miei invece avevano i piedi”. Uno dei lavori meno faticosi nel campo era quello di ordinare i vestiti e le cose dei nuovi prigionieri. Margie Becker fu incaricata di farlo e, quando le scarpe di Edith si ruppero, le portò un buon paio. “Le scarpe potevano salvarti la vita”, afferma Edith.

Nell’agosto 1942, le donne furono trasferite in un altro campo nel complesso di Auschwitz: Birkenau. Le condizioni di vita lì erano così dure che presto un’epidemia di tifo si diffuse tra i blocchi degli uomini e delle donne, uccidendo allo stesso tempo prigionieri e guardie SS.

Quando Lea, la sorella di Edith, si ammalò, faceva parte di una squadra di lavoro che stava tutto il giorno in acqua fredda per ripulire i fossati. Per settimane, Edith diede a Lea la sua zuppa perché non riusciva a ingoiare il pane. Fino a quando sua sorella, debilitata dalla febbre, non riuscì più ad alzarsi.

In qualche modo, Edith ebbe la fortuna di essere assegnata alla selezione dei vestiti, ma una sera, quando tornò al suo blocco dopo il lavoro, apprese che Lea era stata trasferita al Blocco 22, il reparto malati. Nessuno era mai uscito vivo da quel luogo, dove i prigionieri erano stipati fino a quando i camion li avrebbero portati nelle camere a gas.

Il giorno successivo, il 5 dicembre, era lo Shabbat Hanukkah. Edith tornò al Blocco 22 prima di andare al lavoro e Lea giaceva ancora a terra. “Si stava deperendo” dice Edith che non ebbe altra scelta che abbandonare sua sorella. “Faceva così freddo e lei era in coma”.

La vista all’interno dei cancelli stupì Edith. “Il campo era vuoto”, dice. La sopravvissuta Linda Reich ricorda di aver ritrovato nel suo blocco solo 20 delle migliaia di donne che erano lì quella mattina. Tutte le altre furono portate nelle camere a gas; Lea era tra loro.

Quasi tre anni dopo l’arrivo ​​ad Auschwitz da adolescenti, Edith e le sue poche amiche sopravvissute dovettero affrontare un’ultima prova. I nazisti stavano progettando di evacuare il campo e fuggire dall’esercito sovietico in avvicinamento. In lontananza, i cieli notturni brillavano di rosso e oro mentre bruciava Cracovia. Il 18 gennaio 1945, nel mezzo di una bufera di neve, gli ultimi prigionieri di Auschwitz furono costretti a quella che divenne nota come “la marcia della morte” verso il confine tedesco. Si stima che 15.000 prigionieri del complesso dei campi di Auschwitz morirono nelle marce di giorni attraverso la Polonia verso i valichi di frontiera in Germania.

Di tutti gli orrori e le difficoltà che hanno subito le ragazze del primo trasporto, “questo è stato il peggiore”, dice Edith. “La neve era rossa di sangue”. Se un prigioniero inciampava e cadeva, gli sparavano. La sorellanza era appesa a un filo. Se una delle loro amiche cadeva nella neve, Edith la rimetteva in piedi prima che un ufficiale delle SS potesse spararle. Non c’era cibo e dormivano nei fienili. Il sovraffollamento e la fame minacciavano la vita di tutti, tanto che, ricorda Linda, quando si rovesciò una pentola di zuppa, le donne si inginocchiarono e cercarono di leccarla.

L’8 maggio 1945 fu dichiarato l’armistizio in Europa. Si stima che, delle 999 giovani donne del primo trasporto ad Auschwitz, ne siano sopravvissute meno di 100, tra cui otto amiche d’infanzia di Edith. Lei impiegò sei settimane per tornare a casa in Slovacchia dove dovette affrontare un’altra dura prova. Aveva infatti contratto la tubercolosi ossea ad Auschwitz e dopo la liberazione si ammalò gravemente. “Sono stata debilitata fisicamente da Auschwitz”, dice.

Nonostante la sua malattia, dice Edith, “ho provato tanta speranza per il mondo, per l’umanità, per il nostro futuro. Ho pensato: ora il mondo cambierà per sempre”. S’innamorò e nel 1948 sposò lo sceneggiatore e autore Ladislav Grosman, morto nel 1981, il cui film Il negozio al corso vinse l’Oscar per il miglior film straniero nel 1965.

Edith finì il liceo e continuò a lavorare come ricercatrice biologa nella Cecoslovacchia comunista e successivamente in Israele. “Hai i tuoi piccoli inferni, ma anche piccoli paradisi”, dice Edith della sua vita. “Ho avuto tutto qui su questa Terra”.

Ma l’antisemitismo è in aumento e i crimini d’odio contro le minoranze sono all’ordine del giorno. “Perché ci sono ancora guerre?” si chiede. “Per favore, per favore, dovete capirlo: non c’è nessun vincitore in una guerra”. La sua voce è fioca ma sicura: “La guerra è la cosa peggiore che possa accadere all’umanità”.

In occasione della giornata dedicata alla Memoria, proponiamo alcuni consigli di lettura rivolti ai bambini e agli adolescenti: per la qualità dei testi potranno essere letti con interesse anche dagli adulti. Anzi ci permettiamo di suggerire una lettura fatta insieme: un genitore, un nonno/una nonna e un bambino per condividere conoscenze ed esperienze drammatiche che talvolta hanno bisogno di essere “mediate” da un adulto.

Tuttavia nonostante la grande quantità di libri, film, progetti didattici e culturali per rendere vivo il Giorno della Memoria, abbiamo assistito alla crescita costante di episodi di antisemitismo e di intolleranza: basti pensareal fatto che Liliana Segre, per le minacce ricevute, deve muoversi con la scorta!

Tutto ciò non deve scoraggiarci ma convincerci che occorre lavorare ancora di più per continuare a fare memoria con libri, testimonianze, incontri e approfondimenti. 

Riportiamo un racconto dal libro “I bambini raccontano la Shoah” (Edizioni Sonda)di Sarah Kaminski Maria Teresa Milano, che raccogliele testimonianze dirette di chi ha vissuto la tragedia della Shoah per rivolgersi ai più giovani e tenere viva la memoria di quel crudele capitolo della storia umana. E’ la vera storia di Ela Pasternak e Marian Kaminski, ebrei polacchi che hanno vissuto la guerra da bambini. Ela riuscì a fuggire con la famiglia in Russia, mentre Marian veniva deportato a Buchenwald. Qualche anno dopo la guerra si sono conosciuti e innamorati. Insieme hanno deciso di lasciarsi alle spallel’orrore dell’Europa per costruire una nuova vita in Israele. Hanno avuto due figlie, Neta e Sarah, che è autrice di un altro racconto del libro, dal titolo “La favola amara”.

Caro Marian,
sono seduta accanto alla finestra della cucina, con il mio bicchiere di tè fumante e ti guardo lavorare in giardino. Lo strudel è in forno e mi godo questi ultimi momenti di tranquillità prima che la truppa di nipoti torni dalla spiaggia per la cena di Shabbat.
Ti scrivo, anche se sei qui accanto a me. Ti scrivo perché le lettere sopravvivono al tempo e aiutano la mia memoria, ogni giorno più fragile.

Oggi ho sfogliato il vecchio album di famiglia e mi sono passati davanti i nostri sessant’anni anni insieme: noi due felici sullo slittino a Wroclaw ai tempi dell’Università, il matrimonio, le nostre famiglie, l’addio alla Polonia e il viaggio pieno di incognite in Israele, con una bimba appena nata. Ad attenderci qui c’era solo una misera casupola, con la terra battuta per pavimento e ci siamo dovuti adattare. Oggi guardo soddisfatta la nostra bella casa, l’ospedale in cui ho lavorato tanti anni come biologa, le scuole delle nostre figlie e il primo grattacielo in centro a Tel Aviv in cui tu hai passato tante ore lavorando come ingegnere. È stata una vita bella e intensa.

Nell’album ho rivisto te, bambino, nel 1938, seduto al grande tavolo nella casetta di Deblin, insieme a mamma Elisa, papà Leon e i nonni Natan e Sarah che tu adoravi. Ancora oggi, quando ti vedo staccare di nascosto e con l’aria birichina il «bacio» della pagnotta, mi viene da sorridere nel pensare a quel nonno speciale che ti viziava con il pane caldo e croccante della sua panetteria. Eri un monello e nella scuoletta ebraica ti divertivi a correre dietro alle galline della moglie del rabbino e a pizzicare la barba folta del maestro quando si addormentava accanto alla stufa.

La mia infanzia è stata diversa, perché noi eravamo davvero poveri, anche se non mi è mai mancato nulla. Mio papà Moishe era rimasto orfano a soli dieci anni e aveva dovuto imparare a cavarsela da solo in fretta. Moishe, calzolaio e convinto comunista, a vent’anni ha conosciuto Malka Rosa, la mia mamma, una bella ragazza, minuta e silenziosa che lavorava come sarta e ricamatrice.

L’anno 1939 ha cambiato radicalmente la vita degli ebrei; io ero una bambina di quattro anni, con i capelli biondi e gli occhi azzurro fiordaliso e sentivo dentro di me la grande angoscia della mamma, mentre tu eri un bimbo di sei anni che stava per finire nelle mani dei nazisti. La mamma, la nonna e io siamo fuggite a piedi per raggiungere papà, che da oltre un mese scavava trincee per l’esercito polacco sul confine con l’Unione Sovietica.

Quando abbiamo raggiunto il confine, hanno bloccato i treni stipati di migliaia di ebrei e siamo rimasti fermi per ore sulle rotaie. Un giovane ha tentato la fuga ed è stato sbranato vivo dai cani delle SS sotto i miei occhi. Anche la nonna è sparita e ancor oggi non sappiamo quale sia stata la sua fine.

Nei giorni successivi la mamma e io siamo riuscite a trovare papà e tutti insieme siamo stati trasportati a Krasnojarsk in Siberia. Vivevamo in un caseggiato del Kolkhoz, in una stanzetta con i letti di ferro e i materassi di paglia e usavamo una cucina in comune con gli altri profughi. Papà lavorava nel campo delle costruzioni e la mamma nella cucina della cooperativa, mentre io andavo all’asilo e imparavo il russo. Quando i nazisti hanno invaso l’Unione Sovietica nel giugno 1941, siamo fuggiti a piedi e abbiamo camminato per 350 chilometri, in direzione di Mosca, attraverso boschi e strade in fiamme e sotto i bombardamenti dei tedeschi. Avevo solo sei anni e ho visto cose orrende.

Finalmente siamo arrivati a Mosca, ma di lì ci hanno mandati nella Repubblica dei Ciuvasci, a duecento chilometri da Stalingrado. Ci hanno sistemati in una enorme fattoria «autogestita». Stavamo in un tugurio di argilla, senza acqua corrente, con una stufa enorme e ricoperta di piastrelle, su cui la sera ci coricavamo tutti insieme per dormire. Io andavo a scuola e ancora oggi ringrazio i russi perché mi hanno permesso di studiare. Posso vantarmi un po’? Ero sempre la prima della classe.

La tua sorte caro Marian, è stata ben diversa. Quando i tedeschi sono arrivati a Deblin, siete stati trasferiti nella zona esterna della città, vicino all’aeroporto militare, dove avevano creato un ghetto chiuso da un recinto. Stavi fermo tutto il giorno seduto sopra le poche patate portate di nascosto da tuo padre e quando gli uomini tornavano dal lavoro, le tagliavi a rondelle sottili e le facevi abbrustolire sulla stufa. Ti chiamavano «dottor Patata». Oggi sorrido, ma per quanti anni ti sei svegliato di notte, madido di sudore, per i terribili sogni che ti tormentavano?

Eppure il peggio doveva ancora venire. Nell’estate del 1943, con le grandi offensive da parte dell’Armata Rossa, vi hanno portati al campo di concentramento della santa città di Czestochowa. Anche lì non ti sei mai perso d’animo, nonostante dormissi su quelle strutture di legno grezzo a più piani, che non possiamo certo chiamare letti e la notte fossi in balia di freddo, sporcizia e topi. Di giorno lavoravi in fabbrica con la mamma, raccoglievi le pallottole che balzavano dal nastro della macchina e ci giocavi come fossero state biglie. Fu il kapò a farti passare la voglia di giocare, a forza di botte.

Mentre io ero in Russia e andavo a scuola, tu sei stato deportato con papà al campo di Buchenwald. Accanto alla porta, ogni giorno vedevi i morti della notte accumulati all’entrata. Sei cresciuto in fretta e nella vita hai sempre dimostrato grande coraggio ed empatia per chi soffre. Quando gli americani hanno cominciato a bombardare la zona di Weimar, i tedeschi vi hanno radunati tutti, ordinati in file e vi hanno costretti a marciare. Solo anni dopo abbiamo letto nei libri il nome di queste operazioni terribili: le marce della morte. Molti erano stremati e cadevano lungo la via, proprio quando la libertà era ormai a portata di mano.

Dopo circa dieci km i soldati e i guardiani vi hanno abbandonati, la Germania era sconfitta, ormai la guerra era finita e il campo era libero. Tuo padre, come altri sopravvissuti, aveva capito che bisognava tornare lì per aspettare gli alleati e avere almeno un tetto sulla testa. E così avete fatto. Gli americani erano attenti, vi cucinavano solo del semolino, per aiutare lo stomaco a riabituarsi al cibo, ma tu hai continuato la tua attività di ladruncolo e ogni volta che ti era possibile rubavi del cioccolato.

Dopo la liberazione sei diventato il «cicerone» di Buchenwald; non so come facessi, ma accompagnavi le autorità e gli americani a vedere ogni angolo del campo: le latrine, le baracche degli esperimenti medici e perfino il crematorio, come se quell’orrore non ti facesse alcun male. In realtà non era affatto così, ma volevi tornare il prima possibile alla tua vita di ragazzino, con i tuoi genitori, in una vera casa, per giocare con gli amici e andare a scuola. Tuo padre era felice e fiducioso perché qualcuno gli aveva detto che sua moglie era viva e lo aspettava non lontano da lì, nel campo femminile. Allora, come si racconta in famiglia, ha compiuto un’altra sua spavalderia e prima di lasciare per sempre il campo è entrato in uno dei magazzini e ha rubato una pelliccia per lei.

La guerra era finita, era tempo di tornare a casa, di riprendersi in mano la vita e di provare a sanare la ferita, in un modo o nell’altro. Quando ti ho visto per la prima volta, nei corridoi del liceo, ho pensato che fossi davvero un tipo da conoscere: bello, sorridente e sicuramente poco studioso, ma assai intraprendente. Continuavo a essere innamorata dello studio e solo quando ci siamo trasferiti a Wroclaw per seguire i corsi in università, mi sono innamorata di te.

E ora eccoci qui, a ripercorrere 60 anni di vita insieme, una vita simile a quella dei nostri amici ebrei polacchi: Janek e Ida, Katriel e Tzipora, Zenek e Danka.

Caro Marian, la mia lettera di oggi si conclude qui, perché devo togliere lo strudel dal forno e apparecchiare la tavola per la cena. Ti scriverò ancora, forse domani, forse tra una settimana. Ti scriverò ogni volta che i ricordi cominceranno a sbiadire e dal tuo sguardo capirò che hai letto e che insieme a me conservi e proteggi la memoria della nostra vita.

(PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATAEDIZIONI SONDA)

PROPOSTE DI LETTURA

 

Albi illustrati

PAURA SOTTO LE STELLE, JoHoestlandt, illustrazioni di Johanna Kang, Castalia, 1997

Nel 1942 la Francia del Nord era occupata dall’esercito tedesco che l’aveva invasa. Lydia e Hèlène, avevano otto anni e mezzo, e né la guerra né l’esercito tedesco impedivano loro di andare a scuola, di giocare, di litigare e di fare pace, come tutte le amiche di questo mondo. Ma un giorno, mentre giocavano, la mamma di Lydia cucì una stella gialla sulle loro giacche…Dai 10 anni

LA PORTINAIA APOLLONIA, Lia Levi, E. Orciari, Orecchio acerbo, 2005

E’ un libro sulla paura e sul pregiudizio. La storia si svolge nell’autunno del 1943. L’albo ci parla della fame e del freddo, di morte, violenza e disperazione, dell’occupazione tedesca ma anche della connivenza fascista, della delazione e della solidarietà: tanti temi complessi, ma raccontati in modo semplice ed estremamente efficace. Dai 6 anni

IL BAMBINO STELLA, Rachel Hausfater-Douïeb, Olivier Latyk, Luna dorata, 2005

È sempre difficile evocare il genocidio degli ebrei e lo è in particolar modo se lo si deve raccontare a lettori molto giovani. È così che nasce la storia del “Bambino Stella”. All’inizio il Bambino Stella è affascinato da quell’astro brillante che è spuntato sul suo petto, ma a poco a poco comprende che quella grande stella finirà per metterlo in pericolo. Presto arriva la notte e con essa i cacciatori di stelle che indossano grandi stivali neri… Per fortuna il Bambino Stella riuscirà a nascondersi e non dovrà salire su uno di quei treni che vanno lontano lontano… È così che i due autori vogliono raccontare l’Olocausto; attraverso gli occhi innocenti di un bambino che non sa. Dai 6 anni.

BRUNO: IL BAMBINO CHE IMPARÒ A VOLARE, Nadia Terranova, illustrazioni di O. Amit, Orecchio acerbo, 2012

Nessuno, là in Galizia, avrebbe mai pensato che quel bambino ebreo – incerto e impacciato per la grossa testa, schivo e introverso per carattere – sarebbe diventato uno dei più grandi scrittori europei. E neppure lontanamente avrebbe potuto immaginare la sua fine così tragica e assurda. Parole e disegni, delicati e struggenti come le sue botteghe color cannella, per ricordare Bruno Schulz. Dai 10 anni.

LA SHOAH SPIEGATA AI BAMBINI: LA MISTERIOSA SCOMPARSA DI AGHI E SPILLE DALLA BOTTEGA DEI FILI DI NUVOLETTA GENTILE, Paolo Valentini, illustrazioni di Chiara Abastanotti, BeccoGiallo, 2016

Uno strumento utilissimo per cominciare a parlare metaforicamente della Shoah con i giovanissimi. Nella Bottega di una sarta chiamata Nuvoletta Gentile, Bottoni, Fili di Seta, Aghi, Ditali, Spille e Tessuti lavorano in armonia per realizzare splendidi abiti da sposa. Fino all’arrivo del nuovo sindaco, il Generale coi Baffi, che impone le sue leggi crudeli a tutti gli abitanti del Piccolo Villaggio…. Dai 6 anni

LEV, Barbara Vagnozzi, Gallucci, 2016

Il libro si basa su una storia vera: racconta la follia nazista attraverso gli occhi del ragazzino tredicenne Lev Nelken, che riuscì a scampare ai campi di sterminio grazie al Kindertransport, il programma umanitario che nei nove mesi precedenti allo scoppio della Seconda guerra mondiale salvò diecimila bambini sistemandoli in famiglie affidatarie. Dai 6 anni.

L’ORSETTO DI FRED, Iris Argaman, illustrazioni di A. Ofer, Gallucci, 2017

La storia dell’Orsetto e del suo padroncino Fred ricorda molto Otto di Tomi Ungerer: anche qui il narratore è proprio l’Orsetto che tiene sempre compagnia al bambino dalla tasca del cappotto e che ci racconta come i genitori di Fred furono costretti a nascondere il figlio presso altre famiglie e a partire per sfuggire alla persecuzione nazista degli ebrei. Dai 5 anni.

IL GELATAIO TIRELLI: GIUSTO TRA LE NAZIONI, Tamar Meir, illustrazioni di Yael Albert, Gallucci, 2018

Un libro sul valore del coraggio e dell’amicizia che si basa su fatti realmente accaduti: la storia è quella di Francesco Tirelli, gelataio italiano trasferitosi a Budapest, che riuscì a nascondere nel retrobottega della sua gelateria quindici ebrei salvandoli dalla deportazione. Per questa sua coraggiosa azione venne nominato successivamente “Giusto tra le nazioni”. Dai 6 anni.

OTTO, AUTOBIOGRAFIA DI UN ORSACCHIOTTO, Tomi Ungerer, Mondadori, 2018

Otto è un orsacchiotto, un giocattolo che, appena uscito dalla fabbrica, viene regalato a un bimbo di nome David. Questi condivide i giochi con l’amico Oskar. Siamo nella Germania nazista e di lì a poco David sarà deportato e Oskar subirà i bombardamenti. Un racconto breve e delicato: le vicende del piccolo Otto rispecchiano quelle dei suoi due amici e quindi, attraverso gli occhi di un giocattolo, i lettori vedono e apprendono ciò che è capitato agli uomini di quel tempo. Dai 7 anni

IL LADRO DI STELLE, Sebastiano Ruiz Mignone, Giulia Rosa Cardia, Valentina, 2019

Andrea e David adorano immaginare paesaggi meravigliosi e raffigurare cieli stellati. Un giorno, le stelle che amano tanto disegnare compaiono per le strade della Germania. David ne ha una cucita sul cappotto; anche Andrea desidererebbe tanto averne una tutta sua, ma per qualche ragione che nessuno gli spiega, lui non potrà mai possederne una. Finché, durante un gioco, non gli capiterà l’occasione di rubare quella dell’amico e di appuntarsela sul petto. Andrea però non avrebbe mai potuto immaginare che quella stella, così diversa da tutte quelle che brillano nel cielo, avrebbe cambiato il suo destino… Dai 6 anni

 

ROSA BIANCA, Roberto Innocenti, C’era una volta, 1990

E’ un albo illustrato che racconta la storia di una bambina tedesca che vive in una piccola città piena di bandiere con la svastica e di scritte inneggianti al regime nazista. Le tavole di Roberto Innocenti sono poetiche e molto dettagliate, realizzate con tale delicatezza e sensibilità da rendere al lettore una visione chiara dell’assurdità dell’Olocausto. Dai 6 anni

STORIA DI VERA, Gabriele Clima, Edizioni San Paolo

La bimba protagonista, richiusa in un campo, sogna ogni notte di donare un pezzettino del suo grande cuore a quegli uomini che ne sono privi, che l’hanno rapita e hanno ucciso la sorellina. Sicuramente il finale lieve e le illustrazioni soavi di Gabriele Clima aiutano nel compito di introdurre il tema del campo di concentramento, ponendo tuttavia l’accento sulla bontà degli uomini, che dovrebbe vincere sempre – almeno agli occhi dei bambini. Dai 5 anni

LA BAMBINA DEL TRENO, Lorenza Farina – illustrazioni di Manuela Simoncelli (Edizioni Paoline)

È il racconto di un viaggio terrificante, messo in scena tramite un espediente molto interessante sia narrativamente che graficamente: lungo la strada gli occhi di una bambina si incontrano con quelli di un bambino che dal ciglio della strada guarda incuriosito i treni sfreccianti. I due si salutano con la mano e quest’ultimo chiede a sua madre il perché di quel treno, di quel viaggio. Si tratta di un altro albo illustrato in cui la poesia delle parole e la delicatezza delle immagini cercano di far maturare nel piccolo lettore lo sdegno e la speranza che simili atrocità non si ripetano mai più. Dagli 8 anni

LA STORIA DI ERIKA, di Ruth Vander Zee – illustrazioni di Roberto Innocenti (La Margherita)

È la testimonianza di una storia vera, il racconto di una bambina – un vero e proprio fagottino rosa – che si salva miracolosamente dalla morte poiché la madre riesce a gettarla dal treno diretto al campo di sterminio. La forza imponente di questo albo è data dalle illustrazioni dei lugubri binari, delle stazioni fumose, dei carri per le bestie su cui salivano gli ebrei destinati alle camere a gas. Dai 6 anni

 

Racconti

STELLE DI CANNELLA, Helga Schneider, Salani, 2011

Stelle di cannella è la foto istantanea di cosa è successo con l’avvento del nazismo nella vita quotidiana delle famiglie ebree e dello sconvolgimento progressivo dei rapporti interpersonali. Con la sua scrittura essenziale e incisiva, Helga Schneider ci solleva nell’atmosfera astratta e irreale che spesso accompagna un evento terribile e ci fa percepire in modo quasi palpabile l’incombere della tragedia. Dagli 11 anni

 

HETTY: UNA STORIA VERA, Hetty E. Verolme, Il castoro, 2012

Hetty ha dodici anni nel 1943 quando viene strappata ai genitori e imprigionata con i fratelli nella casa dei bambini del campo di Bergen-Belsen, lo stesso dove muore Anna Frank. Come Anna Frank, Hetty ha vissuto ad Amsterdam prima di essere presa prigioniera, ma il destino le dà un compito diverso. Personaggio straordinario e positivo, è lei a fare da mamma ai bambini del campo, è lei a moltiplicare i momenti di dolcezza, è lei a ripetere ai piccoli prigionieri che – anche nell’orrore – la vita è bella. Dagli 11 anni.

IL PICCOLO BURATTINAIO DI VARSAVIA, Eva Weaver, Mondadori, 2013

Mika ha dodici anni quando il cappotto viene cucito. Nathan il sarto lo confeziona per suo nonno nella prima settimana di marzo del 1938. L’ultimo anno di libertà per Varsavia, l’ultimo anno di libertà per Mika e la sua famiglia. Quel semplice cappotto di lana nero a sei bottoni, con una stella di David cucita sulla manica destra, li segue silenzioso e apparentemente inanimato nel ghetto dove vengono rinchiusi insieme a centinaia di amici e conoscenti. E quando il nonno muore, rimane per Mika l’unica eredità in grado di proteggerlo dal gelo e dalla paura. Dai 12 anni

IO CI SARÒ, Lia Levi, Piemme, 2013

Riccardo, un ragazzino ebreo, è costretto a partire da solo e attraversare l’Italia occupata dai nazisti per raggiungere la sorella Lisetta a Roma. Durante il suo viaggio incontrerà mille difficoltà, vedrà di fronte a sé i malvagi, gli indifferenti, ma anche i buoni. Alla fine saranno i partigiani ad aiutarlo a mantenere la promessa fatta a Lisetta: “Se un giorno avrai bisogno di me, io ci sarò”. Dai 9 anni

 

SE QUESTO È UN UOMO, Primo Levi, Einaudi, 2014

Testimonianza sconvolgente sull’inferno dei Lager, libro della dignità e dell’abiezione dell’uomo di fronte allo sterminio di massa, Se questo è un uomo è un capolavoro letterario di una misura, di una compostezza già classiche. È un’analisi fondamentale della composizione e della storia del Lager, ovvero dell’umiliazione, dell’offesa, della degradazione dell’uomo, prima ancora della sua soppressione nello sterminio.
Primo Levi, reduce da Auschwitz, pubblicò “Se questo è un uomo” nel 1947. Einaudi lo accolse nel 1958 nei «Saggi» e da allora viene continuamente ristampato ed è stato tradotto in tutto il mondo.  Dai 14 anni

 

LA TREGUA, Primo Levi, Einaudi, 2014

Diario del viaggio verso la libertà dopo l’internamento nel Lager nazista, «La tregua», seguito di «Se questo è un uomo», più che una semplice rievocazione biografica è uno straordinario romanzo picaresco. L’avventura struggente tra le rovine dell’Europa liberata – da Auschwitz, attraverso la Russia, la Romania, l’Ungheria, l’Austria, fino a Torino – si snoda in un itinerario tortuoso, punteggiato di incontri con persone appartenenti a civiltà sconosciute, e vittime della stessa guerra. L’epopea di un’umanità ritrovata dopo il limite estremo dell’orrore e della miseria. Dai 14 anni

 

ANNE FRANK: LA VOCE DELLA MEMORIA, Elisa Puricelli Guerra, Edizioni EL, 2015

Ci sono storie senza tempo che fanno crescere, emozionare e conoscere. Sono le storie di uomini e donne che hanno cambiato il mondo, ciascuno a modo suo, con le sue parole, le sue invenzioni, le sue scelte e persino il suo destino.Sono storie affascinanti, sorprendenti, a volte spaventose, altre imprevedibili: ma sempre capaci di impressionare e stimolare l’immaginazione e la curiosità di tutti. Finalmente queste storie diventano accessibili ai lettori dai sette anni in su, e lo fanno con libri piccoli, stuzzicanti, ricchissimi di illustrazioni colorate e giocose. Libri facili da leggere e difficili da dimenticare, pensati apposta per catturare i bambini con un mix irresistibile di avventura, emozione e divertimento. Dai 7 anni

 

ERO UNA BAMBINA AD AUSCHWITZ, Frediano Sessi, illustrazioni di Marco Somà, Einaudi Ragazzi, 2015

“Da quando mamma è entrata nell’infermeria non l’ho più vista. Non so nemmeno se è guarita o se è stata mandata in un altro campo, lontano da me. Quanto a papà, sono giorni che non ci incontriamo. Credo proprio di essere rimasta sola”. Rinchiusa nel lager di Auschwitz, dopo essere vissuta con i genitori nel ghetto di Varsavia, Elissa, che ha otto anni nel 1940, racconta il dramma della sua vita di ebrea deportata. Dalle pagine del suo diario, si fa strada il racconto della shoah. Da 11 anni.

 

LA CORSA GIUSTA, Antonio Ferrara, Coccole Books, 2015

Lo chiamano Ginettaccio per colpa del suo carattere un pò ruvido come la sua voce. Ma quando si tratta di pedalare in salita, non c’è storia… è lui il più forte di tutti. Ed è pedalando dalla Toscana all’Umbria che Bartali nasconde nel tubo della sua bicicletta i documenti che salveranno molti ebrei. Nella fatica, sotto il sole, la pioggia e nel silenzio sta il coraggio, perché il bene si fa, ma non si dice. Nel 2013 Gino Bartali è stato dichiarato Giusto tra le Nazioni.Dai 12 anni

 

OSKAR SCHINDLER IL GIUSTO, Nicoletta Bortolotti, Einaudi ragazzi, 2017

Sette sono i luoghi in cui si è svolta l’epica avventura di Oskar Schindler, l’uomo che a Cracovia, durante la Seconda guerra mondiale, diede rifugio nella sua fabbrica di stoviglie a migliaia di ebrei. Iscritto al partito nazista, conquistò il cuore nero del male solo per stritolarlo: diventò amico dei più alti funzionari delle SS, corrompendoli con regali lussuosi per comprare la vita dei suoi operai; si guadagnò la fiducia del boia Amon Goth, il sanguinario responsabile del campo di lavoro di Plaszéw; rischiò il tutto per tutto quando, verso la fine della guerra, trasferì la sua azienda in Cecoslovacchia e compilò una lista di 1100 nomi di dipendenti da strappare alle camere a gas. Nomi che non furono vento, ma vita e racconto. Età di lettura: da 10 anni.

L’ISOLA IN VIA DEGLI UCCELLI, Uri Orlev, Salani, 2017

La seconda guerra mondiale infuria per l’Europa e in Polonia. la vita. Alex è ebreo: sua madre è scomparsa nel nulla e suo padre è stato prelevato dalle SS e fatto partire per una destinazione ignota. Rimasto solo  si è rifugiato in un edificio abbandonato, al numero 78 di Via degli Uccelli, e dalla sua isola segreta esce solo di notte, per procurarsi il cibo. Finchè, un giorno, Alex ode delle voci: degli sconosciuti si sono introdotti nel palazzo. Il coraggio e l’eroismo non sono insoliti in tempo di guerra, ma Alex ha appena undici anni, e la sua è la storia di come la nuda forza di volontà  riesca talvolta ad avere la meglio sulla crudeltà  e l’ingiustizia. Dai 12 anni.

QUANDO HITLER RUBÒ IL CONIGLIO ROSA, Judith Kerr, Rizzoli, 2017

Germania, 1933. Hitler è salito al potere e per il papà di Anna, un famoso giornalista ebreo non gradito al nazismo, la situazione è diventata pericolosa. Comincia la fuga di Anna e della sua famiglia attraverso l’Europa alla ricerca di un luogo sicuro dove stabilirsi. Cambiare e adattarsi ogni volta non è facile, ma la cosa più importante è restare tutti insieme. Emozioni, paura, sorpresa e anche sorrisi si mischiano in questa storia ambientata in uno dei momenti più cupi della storia. Dai 10 anni

IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE, John Boyne, Rizzoli, 2018

Leggere questo libro significa fare un viaggio. Prendere per mano, o meglio farsi prendere per mano da Bruno, un bambino di nove anni, e cominciare a camminare. Presto o tardi si arriverà davanti a un recinto. Uno di quei recinti che esistono in tutto il mondo, uno di quelli che ci si augura di non dover mai varcare. Siamo nel 1942 e il padre di Bruno è il comandante di un campo di sterminio. Non sarà dunque difficile comprendere che cosa sia questo recinto di rete metallica, oltre il quale si vede una costruzione in mattoni rossi sormontata da un altissimo camino. Ma sarà amaro e doloroso, com’è doloroso e necessario accompagnare Bruno fino a quel recinto, fino alla sua amicizia con Shmuel, un bambino polacco che sta dall’altro lato della rete, nel recinto, prigioniero. John Boyne ci consegna una storia che dimostra meglio di qualsiasi spiegazione teorica come in una guerra tutti sono vittime, e tra loro quelli a cui viene sempre negata la parola sono proprio i bambini. Dai 12 anni.

I RAGAZZI DI VILLA EMMA, Annalisa Strada e Gianluigi Spini, Mondadori, 2018

Luglio 1942: alla stazione di Nonantola un gruppo di ragazzi scende spaesato da un treno proveniente dall’Europa orientale. Sono ebrei in fuga dalla guerra e dalla deportazione nazista. In cerca di salvezza, hanno lasciato genitori e amici per affrontare un viaggio pericoloso e pieno di difficoltà. Il loro futuro dipenderà dal coraggio e dall’intraprendenza di un intero paese. Da 9 anni.

 

L’ALBERO DELLA MEMORIA, Anna Sarfatti, Mondadori, 2019

Samuele Finzi e la sua famiglia vivono a Firenze, seguendo i precetti della tradizione ebraica. Nel giardino della loro casa c’è un vecchio olivo, nella cui cavità Sami ripone i suoi “tesori”. Ma con l’emanazione delle leggi antiebraiche la vita dei Finzi cambia per sempre: i genitori entrano in clandestinità, Samuele si deve nascondere in collina, mentre i suoi tesori rimangono nell’olivo.Dai 6 anni.

DIARIO, Anne Frank, Mondadori, 2019

Nell’Olanda sotto occupazione nazista la tredicenne Anne Frank inizia a raccontare in un diario intimo e personale la sua vita di ogni giorno: è il 1942 e le leggi antisemite colpiscono anche la sua famiglia, che per sfuggire alla deportazione si rifugia in un alloggio segreto, dove sopravvive grazie alla complicità di amici e conoscenti. Qui Anne, che sogna di diventare giornalista o scrittrice, non smette mai di scrivere. Quando nel 1944 il governo olandese lancia un appello per raccogliere testimonianze e documenti di guerra, Anne inizia a rielaborare il suo diario, in vista di una possibile pubblicazione: immagina che diventi un libro dal titolo “La casa sul retro” ma purtroppo non sopravvive abbastanza a lungo per vedere realizzato il suo sogno. Il “Diario”, invece, è arrivato fino a noi, e a tantissimi lettori nel mondo: oggi in un’edizione più che mai fedele alla spontaneità delle stesure originali, arricchita dalle illustrazioni di Giulia Tomai. Dai 10 anni.

SCEGLIETE SEMPRE LA VITA: LA MIA STORIA RACCONTATA AI RAGAZZI, Liliana Segre, Casagrande, 2020

Dall’espulsione a scuola ai mesi di clandestinità, dal tentativo di fuga in Svizzera al carcere e agli anni nei campi di concentramento, il suo racconto giunge fino al giorno della riconquistata libertà e al lungo e difficile processo di reinserimento nella società. Nel suo discorso – chiaro, lucido e profondo – Liliana Segre rivolge un accorato appello ai ragazzi: non siate mai indifferenti di fronte a ciò che accade, prendete posizione e, soprattutto, scegliete sempre la vita. La prefazione del libro è a firma dello scrittore Giulio Cavalli: la sua è un’intensa orazione antirazzista e antifascista. Cavalli riflette sul ruolo di Liliana Segre come figura esemplare, in un’Europa in cui prevale ormai un “federalismo della responsabilità”, la tendenza a guardare solo il proprio orticello anche a scapito del bene comune. Chiude il libro un’intervista a Liliana Segre realizzata dal giornalista Bruno Boccaletti. Dai 14 anni

UN SACCHETTO DI BIGLIE, Joseph Joffo, Illustrazioni di Giovanni Scarduelli, BUR Rizzoli, 2021

Joseph ha solo dieci anni quando suo padre gli chiede di partire insieme al fratello più grande, Maurice, e di lasciare Parigi. La città è occupata dai nazisti, e tutti gli ebrei sono in pericolo. I due ragazzi dovranno affrontare da soli un lungo viaggio attraverso la Francia, in fuga dalla guerra e dalle deportazioni, guidati da un’unica speranza: poter tornare a casa, un giorno, e riabbracciare la famiglia. Dai 10 anni

 

Saggi


CHE COS’È L’ANTISEMITISMO
, Lia Levi, Il battello a vapore, 2018

Perché ce l’hanno sempre avuta con gli ebrei?”, “Che cos’è la Shoà?”, “È vero che tutti gli ebrei sono ricchi?”. Durante i suoi incontri con i ragazzi, Lia Levi si è sentita rivolgere tante domande sugli ebrei, l’ebraismo e l’antisemitismo. In questo libro ne ha scelte venti tra le più significative, a cui risponde con chiarezza e semplicità. Dai 9 anni

 

PROF, CHE COS’È LA SHOAH?, Frediano Sessi, Einaudi ragazzi, 2019

L’utopia nazista di una nuova Europa ariana prese avvio da pratiche di esclusione, segregazione e deportazione che colpirono gli ebrei, insieme ad altri soggetti invisi al Reich, e portò i tedeschi a dare corso al più grave sterminio mai attuato dall’uomo. I nazisti uccisero più di cinque milioni di ebrei. Dai 12 anni

 

COSA HANNO MAI FATTO GLI EBREI? DIALOGO TRA NONNO E NIPOTE SULL’ANTISEMITISMO, R. Finzi, Einaudi Ragazzi, 2019

«Cosa hanno mai fatto gli ebrei? Perché tanta gente ha creduto a quello che dicevano Hitler e i nazisti? Puoi aiutarmi a capire per quale motivo in tanti li odiassero a tal punto da permettere che fossero perseguitati?». Questa la domanda che Sofia pone a suo nonno, Roberto Finzi, grande studioso e autore di libri e articoli, in Italia e all’estero. Un dialogo fittissimo, un viaggio appassionante, mano nella mano, attraverso la Storia. Alla ricerca dell’origine e del significato dell’antisemitismo, un odio irrazionale e antico, mai del tutto sopito.  Dai 11 anni

 

LETTERE A UNA DODICENNE SUL FASCISMO DI IERI E DI OGGI, D. Aristarco, Einaudi ragazzi, 2019

La Storia si può ripetere? Attraverso una narrazione chiara e avvincente, una serie di lettere inviate a una giovane studentessa, Aristarco narra la storia del fascismo, ne rievoca alcuni rilevanti aspetti quotidiani, (l’istruzione, il ruolo della donna, le leggi razziali, la soppressione dei diritti) e indaga l’enigma del consenso. Nell’ultima parte del libro, infine, l’autore analizza alcuni episodi recenti. Uno strumento di dialogo con le nuove generazioni per comprendere il presente, un messaggio di fiducia nel futuro. Dai 11 anni.

 

SCOLPITELO NEL VOSTRO CUORE, Liliana Segre,Illustrato da Pia Valentinis, Piemme, 2021

“La memoria di Liliana Segre cerca il suo approdo nel presente. Le sue parole lo svelano: racconta di se stessa in guerra come una profuga, una clandestina, una rifugiata, una schiava lavoratrice. Usa espressioni della nostra contemporaneità affinché la testimonianza del passato sia un ponte per parlare dell’oggi. Qui e ora. E, interrogando il presente, Liliana indica quel futuro che solo i ragazzi in ascolto potranno, senza indifferenza e senza odio, disegnare, inventare, affermare.” (dall’Introduzione di Daniela Palumbo). Età di lettura: Dai 9 anni.

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