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8 marzo: ma cosa c’è da festeggiare?

16 Feb

8 marzo: ma cosa c’è da festeggiare?

La condizione femminile in Italia, dagli anni Sessanta a oggi, sembra essere profondamente mutata. Questi mutamenti non sono certo il frutto della casualità, ma delle lotte di molte donne che per decenni si sono battute per consolidare importanti diritti: dal divorzio, al diritto alla maternità, alla tutela sul lavoro, alla possibilità di interrompere volontariamente la gravidanza, fino alla legge che condanna la violenza sessuale come crimine, non più contro la proprietà, ma contro la persona. Grazie alle battaglie e alle conquiste delle nostre nonne e madri noi ventenni e trentenni di oggi siamo cresciute in un mondo più libero, più democratico, abbiamo potuto “alzare la voce”, “dire la nostra”, senza essere condannate o discriminate. Ma alzando lo sguardo dall’apparente realtà quotidiana e guardandoci indietro possiamo veramente sostenere che oggi, a molti anni di distanza da queste battaglie esista veramente una condizione di pari dignità e opportunità per le donne? Le donne di oggi vivono veramente in una realtà di piena libertà e consolidamento dei diritti?
Allargando il nostro sguardo sul mondo ci accorgiamo che milioni di donne ancor oggi sono terrorizzate da violenze domestiche, schiavizzate in matrimoni forzati, comprate e vendute per alimentare il mercato della prostituzione, violentate come trofei di guerra o torturate in stato di detenzione. Secondo i dati di Amnesty International negli ultimi cinque anni, in Pakistan, in Bangladesh e in Giordania,  migliaia di donne sono state vittime di “crimini d’onore”, come la tortura e lo sfregio con l’acido, che in molti casi culminano anche nell’omicidio. In molti paesi, e in particolare in Arabia Saudita, le lavoratrici domestiche, generalmente di nazionalità straniera, vengono frequentemente maltrattate dai loro datori di lavoro, derubate dei loro documenti e costrette a vivere in condizioni di lavoro forzato. In India e in alcuni paesi asiatici, la discriminazione delle donne spesso precede la loro nascita, tramite la pratica dell’aborto selettivo, o la segue immediatamente, attraverso l’infanticidio delle bambine. In queste zone, sempre negli ultimi cinque anni, si è andato inoltre a consolidare il mercato del turismo sessuale: una compravendita di bambine e adolescenti cedute per pochi soldi dalle loro povere famiglie a profittatori che le espongono come esca ai “clienti” occidentali.
La donna inoltre continua ad essere frequentemente vittima di aggressioni, violenze fisiche, stupri, sia fuori che dentro l’ambito familiare, fin dalla più tenera età. La terribile piaga della violenza sessuale non coinvolge solamente il Terzo Mondo, ma appare, al giorno d’oggi sempre più frequente anche in Europa e negli Stati Uniti.
Mentre nel resto del Mondo la donna appare quindi ancor oggi vittima di violenze e soprusi, nel nostro paese assistiamo quotidianamente a una continua messa in discussione di importanti conquiste faticosamente ottenute. Infatti, l’attuale Governo, da un lato, in nome di una falsa e ipocrita “morale cattolica”, ha tolto a molte donne, con l’approvazione della legge sulla fecondazione assistita, la speranza di avere dei figli, e ha messo in discussione il diritto all’interruzione di gravidanza volontaria proponendo di introdurre i volontari del “Movimento per la vita” dentro i consultori e ostacolando l’uso della RU 486; dall’altro ha precarizzato totalmente il mondo del lavoro, togliendo così a molto donne il diritto di essere madri e nello stesso tempo lavoratrici, e quindi la possibilità di un’autosufficienza economica indispensabile per un qualsiasi progetto di vita dignitoso.
Insomma ancor oggi, a ormai trent’anni dalle grandi battaglie delle donne, sia il quadro nazionale che internazionale sembra essere tutt’altro che roseo. La mia generazione, cresciuta in un ambito sociale, culturale e politico di diritti consolidati in anni di battaglie, si trova ora in una situazione particolarmente difficile. Ma la lotta per la libertà donne non conosce sosta, porta con se degli obiettivi troppo importanti per essere abbandonati. La nostra battaglia

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