Valorizzare il volontariato e l’impegno per la comunità: riflessioni di Edgarda Degli Esposti sul ruolo dell’Assemblea del Sociale
Nel mese di dicembre il Direttivo Auser ha promosso la consueta Assemblea del “Sociale”, l’appuntamento che aggrega tutte le volontarie e i volontari che operano nei Quartieri della città. E come sempre si è trattato di un momento molto emozionante carico di simbologie, di spunti, in cui, meglio che altrove, si rivela l’animo, l’essenza profonda del nostro modo di vivere, concepire, l’attività di volontariato.
Ma andiamo con ordine. Il momento assembleare costituisce per queste volontarie e volontari il luogo materiale e simbolico in cui si fa più chiaro il senso di appartenenza, l’identità collettiva, la percezione compiuta del “disegno”, la strategia sociale con cui Auser entra nella partnership coi diversi e molteplici attori che, a vario titolo ed in vario modo, agiscono nel welfare territoriale e di comunità. Tutto ciò non è scontato come potrebbe apparire da uno sguardo frettoloso sul tema. Per le caratteristiche particolari del Comune di Bologna, l’articolazione per Quartiere, la pluralità di convenzioni, Auser non può far valere la forma organizzativa che addotta nei comuni: non esistono cioè i gruppi organizzati del sociale nella città, ma solo per aree tematiche specifiche: il Club Meno Più, Musei e Biblioteche, Ausilio Spesa e Cultura, gli Assistenti Civici,…
Ne consegue, non tanto la dispersione di energie, ma certamente una carenza del senso compiuto dell’azione sociale che ogni volontaria/o agisce individualmente verso le persone assistite. In altre parole il come, il quanto pesa il singolo agire dentro la comunità; quanto incide il complesso dell’azione sugli standard di qualità della vita della popolazione anziana, delle persone più bisognose; ed ancora come e con chi si snodano i progetti sociali fatti di percorsi relazionali all’insegna dell’intergenerazionalità. Va da sé che la consapevolezza del quadro d’insieme, delle fi-nalità generali, delle possibili prospettive conferiscono senso, valore ad un’azione individuale che, priva di una cornice, finirebbe con l’esaurirsi in sé, per assumere la connotazione della buona azio-ne, puramente e semplicemente.
Il contesto collettivo dunque ricompone i frammenti e dà senso e identità. Non solo quindi il luogo dello scambio, della circolazione delle idee, delle esperienze, della socializzazione, ma il luogo in cui ognuno trae forza e cede forza, in cui le energie si potenziano, dove diventa chiara la funzione sociale di mediazione, di apporto creativo, solidale, di quell’autovalorizzazione che ogni volontaria/o mette in campo se sceglie di spendersi per la comunità.
I tanti interventi, carichi di sentimento, di umanità, di coscienza politica e civile che si sono snodati hanno evidenziato tutto questo e hanno offerto un’importante spaccato di come sia la gente dell’Auser: gente con un forte senso della giustizia sociale, che crede nei diritti e nella loro piena attuazione come un percorso obbligato per dare dignità alle persone, per offrire opportunità nuove a chi ne ha bisogno. Gente che sa cos’è la solidarietà, la reciprocità, a cui non sfugge che l’azione collettiva è data da tanti apporti individuali; ma che sa anche che è proprio a partire da sé, nel rispet-to di sé, che l’azione sociale diventa forte, precisa, incisiva.
Le volontarie ed i volontari dell’Auser vivono e praticano la solidarietà come chiave etica per sconfiggere le solitudini e la marginalità sociale; operano incessantemente per tessere una rete di relazioni fitta, solida, duratura, consapevoli che ciò è la base della coesione sociale. Credono nella giustizia sociale, nei diritti, nelle opportunità equamente distribuite, in una società civile degna di questo nome. Lavorano ogni giorno per costruire un modello sociale improntato verso un’etica che veda il pieno rispetto delle persone, la dignità del lavoro, la valorizzazione delle potenzialità di ciascuno, come valori per dare futuro al futuro.